Oggi dire tatuaggio è un po’ come dire moda, o quantomeno tendenza.
Ma non sempre è stato così, soprattutto se quell’inchiostro sotto pelle è declinato al femminile.
Nel passato la cultura giudaico-cristiana ha relegato l’uso prima e la storia poi del tatuaggio alla clandestinità arricchendola inevitabilmente di nuovi significati simbolici e valori di opposizione e negazione dell’ordine sociale.
Ad aggiungersi a questa censura ce n’era un’altra: l’enorme tabù del corpo femminile.
Fatta la somma si intuisce immediatamente come il rapporto fra donne e tatuaggio sia stato, e per certi versi sia ancora, un storia segreta di sovversione.
Parole che si ritrovano appunto nel titolo del volume 'Corpi sovversivi' (donna e tatuaggio una storia segreta) (ed. Ultra, pp.212.).
L’autrice Margot Mifflin, professoressa associata alla City University di New York, attraverso oltre 200 immagini potenti e poetiche, fa incontrare al lettore donne tatuate e tatuatrici di tutte le epoche e condizioni. Così circensi e galeotte, mistiche e rockstar, artiste borderline e insospettabili professioniste finiscono sulle pagine di questo libro accomunate tutte dalla stessa voglia, necessità o vezzo: raccontarsi sulla pelle.
O meglio sotto pelle.
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